lunedì, settembre 29, 2008

no future (lacrima-post)

Non mi guardare con quegli occhi lucidi altrimenti piango anch’io. Fuori piove che dio la manda ed io sembro essere l’unico a non commuoversi.
Ecco perché cercavi di parlare più del solito oggi, perché cercavi il mio sguardo. Perché forse non ci vedremo più. Perché dopo tre anni ti faranno fuori senza rinnovarti il contratto ed hai bisogno di sfogarti con qualcuno, fosse anche uno sconosciuto che vedi ogni due settimane seduto dietro una scrivania mentre ricarichi il distributore. La nuova società che rileva la precedente ti fa un contratto di un anno assicurandoti un futuro, poi il futuro svanisce, così, con una semplice scusa.
“Sono 16 anni che cambio lavoro, forse il mio errore è stato smettere di fare il giardiniere. Ora c’è un mio amico che fa il piastrellista, si guadagna bene. Dovrò iniziare tutto da capo ma non è la prima volta, non mi spaventa”.
Invece cazzo se c’hai paura, te lo leggo nello sguardo. E’ una cosa che fa tremare e farneticare.
E ci ritroviamo a tremare insieme tramando un lavoro in nero senza nessuno a cui rendere conto.
“Ho lavorato un po’ come magazziniere, mi avevano anche lasciato le chiavi del posto. Dovevo vendere, immagazzinare, smerciare. La schiena non reggeva più tanto, cazzo, sennò sarei stato in serie A, mica in quel magazzino”.
Abbiamo paura, paura di non lavorare, paura mentre lavoriamo.
“Dobbiamo anche gestire i soldi delle macchinette. Senza nessuna indennità. Se qualcuno ci fotte i soldi la responsabilità è nostra. Un mio collega se n’è andato proprio la settimana scorsa. Gli avevano fregato millequattrocentoeuro dal furgone. Ci avrebbe messo secoli a restituirli con questo stipendio da fame. L’hanno cacciato. Ora si è aperto un’attività in proprio, speriamo che gli giri bene.”
Chi sa se gli gira bene o se si gira e rigira nel letto pensando al dopodomani senza prender sonno.
“Ho parlato anche con un tizio, un sindacalista. Mi ha detto che le vertenze sono impennate negli ultimi anni, e nella maggior parte dei casi qualcosa si riesce sempre ad avere” vortice di vertenze vincenti “A me non sono mai interessate queste cose. Sono sempre stato un tranquillo, ho sempre fatto straordinari non retribuiti, spese non rimborsate” alienato diritti terrestri “Ora però vorrei riprendermi qualcosa. Provo vero e proprio rancore”.
Quietare il rancore vedendoli rantolare.
“Scusami se ti annoio con i fatti miei” e se ne va ingoiando amaro.

martedì, settembre 23, 2008

la moglie nuova

Cerco una moglie. Insomma, non una moglie vera e propria. Quella ce l’ho già, soltanto che mi ha mollato. Checcazzo, un giorno se n’è andata. Si era ammalata. Ammalata di cazzo. Una malattia che si chiama ninfomania. E io non ce la facevo mingherlino come sono a starle appresso. E’ anche il doppio di me la scrofa. Certe notti rientravo a casa solo quando vedevo la luce spenta. Poi mi toglievo le scarpe fuori dalla porta per non fare rumore e mi addormentavo sul divano. Mi cacavo sotto dalla paura. Certe mattine mi svegliavo con le gambe così molli che a malapena ce la facevo sollevarmi dal letto. Notti insonni dove il cazzo non si sarebbe più alzato neanche davanti a una velina. Come quella volta che dormivo, stavo sognando, sognavo il concerto di Fiordaliso di qualche settimana fa. A passeggio con Fiordaliso per il corso del paese. Poi s’interrompe la linea, come quando scascetta l’antenna della televisione durante il temporale, e c’è Fiordaliso che me lo succhia. Invece era lei, la scrofa, che s’era svegliata alle 4 di notte con la voglia. Le chiedo checcazzostaiafare, e lei alza lo sguardo e mi sorride, con tutti i peli incastrati tra i denti.
Forse se n’era accorta che io non ce la facevo più, così ha cominciato a portarsi la gente a casa. Che poi a me andava anche comodo, però ero diventato lo zimbello del paese. Anche la ragazzina che serviva al bar, quella caruccia che c’avrà avuto 16 anni, parlava all’orecchio con l’amica quando entravo la mattina per cornettoecappuccino. All’inizio pensavo che gli stavo simpatico, che ci potevo provare, ma mi sono accorto che ridevano tutti, maschieffemmine. Allora o mi si volevano inculare tutti perché ero il più bello del paese oppure ridevano perché già ero inculato. Visto che sono un mezzo cesso ho pensato che forse era la seconda che avevo detto quella giusta.
Una sera incazzato come una bestia le ho detto che sapevo tutto alla stronza. Che la crepavo di mazzate se ci riprovava. Mi ha massacrato di botte. La faccia gonfia, il labbro spaccato, due costole incrinate. La mattina dopo mi è passato a prendere un amico per portarmi all’ospedale. Quando sono tornato a casa lei non c’era più. Era tornata a casa della mamma. Però mi aveva lasciato le polpette al sugo. Aivoglia a telefonare, a chiedere scusa, a pregare la mamma. Quella non è voluta più tornare.
La casa adesso è una merda. Puzza che fa schifo, puzza di immondizia, calzini sporchi, cibo avariato, puzza di chiuso, di cipolla, puzza di cesso, puzzo di sudore. Le padelle sono incrostate, il pavimento è lurido, il balcone è una discarica, il cesso non scarica.
Allora ho chiamato la Caritas, mi ha detto un amico che c’hanno un giro di badanti. Ucraine, Rumene, Russe, che a me m’ingrifano pure. Quella è venuta, ha dato uno sguardo in giro e ha sparato una cifra assurda. Mezzo stipendio per una zoccola che neanche scopa da quanto ho capito. La volevo mandare affanculo ma mi c’ha mandato prima lei.
Così, l’altra mattina, è passato al lavoro l’idraulico del paese, che per arrotondare c’ha un giro di zoccole dell’est. Tipo caritas che però scopano pure e non vogliono manco i soldi. Vogliono solo che te le sposi.
Mi ha combinato l’appuntamento e mi ha dato il numero di quest’appartamento a Silvi. Mi dice di salire al quarto piano. ‘sti palazzi li conosco bene perché ogni tanto ci venivo a puttane.
Non è che lei sia male. C’ha due tette belle grosse e i capelli biondi e gonfi. Forse una trentina d’anni ma ne dimostra quaranta. Non spiccica una parola d’italiano. Solo “ciao” “caffè” “soldi” e “amore sposare”. Insomma, alla fine mi ha fatto vedere la foto della mamma malata in ucraina, m’ha fatto due carezze ed io già m’ero eccitato. Aveva un odore buonissimo, come quel profumo che comprava mia moglie a Ovviesse.
L’ho invitata a casa mia. Ho provato a dare una risistemata veloce. Ho passato la scopa, amazzato gli scarafaggi, ho chiuso i piatti sporchi nel mobile, mi sono lavato i piedi, ho ingoiato una gigomma e mi sono pettinato.
Quando è entrata ha fatto una faccia mezza schifata, come quando provi ad accimentare le ragazzine alla festa del patrono. Poi però le ho offerto un caffè, ho anche comprato quello buono. Lei si è calmata. Mi ha detto "buono caffè amore sposare", che secondo me vuol dire che ci sta.
Se n'è andata facendomi capire che dopodomani torna.
Oggi è dopodomani. Lei ancora si è vista. Ho chiamato anche l'idraulico per vedere se sapeva qualcosa in più. Niente. Un buco nell'acqua.
Io aspetto. Magari sistemo la casa nel frattempo. Magari lei arriva. Magari mi sposo.

giovedì, settembre 18, 2008

La Città Perfetta

A Finale lo sapevo che Angelo avrebbe tirato fuori dalla fondina un libro massiccio. Massiccio in tutti i sensi, perché è un volumone di 500 pagine, la prima prova sulla lunga distanza dopo i sorprendenti antipasti . E’ un romanzo che viaggia a tempo d’Hip Hop, la scossa alla musica italiana che dai primi novanta ci ha consegnato i pochi storytellers contemporanei capaci di narrare quello che accade int’o rione. Tra i personaggi è impossibile distinguere ‘o bbuon da o malamente, chi è nato sbagliato da chi sbaglia per scelta o chi è un compagno che sbaglia. L’Americano è un cane rabbioso, un Digos col letame al posto del sangue. Sanguetta in mezzo al letame ci sguazza da quando è nato. Il Chimicone è rosso come il sangue. E’ di sangue ne scorre a fiumi tra le pagine così come tra i vicoli dei quartieri e nelle periferie. La cartina della città si tinge di rosso mano a mano che la lettura va avanti come una ferita d’arma da fuoco che inzuppa una bella camicia bianca appena stirata. E tutto sembra piovere su questa cazzo di Napoli. Coca nelle tasche e nelle narici. L’immondizia con cui si devono fare i conti e nella quale si regolano i conti.
Il ritmo e la tensione sono altissimi. Quando marca male per qualcuno senti davvero il puzzo del piscio che gli imbratta i pantaloni perché c’hanno il ferro puntato sul cervello.
Petrella ci porta senza casco a bordo di una vespa rubata alla fine degli anni novanta. I manganelli dei celerini portano il tempo dei cori per Maradona al San Paolo e fanno ballare anche le teste degli studenti nell’anno della pantera. Si scende nelle fogne ed anche quando la storia ci porta sulle montagne abruzzesi si è comunque infognati. Dal caos emergono i boss, pedine impazzite di uno scacchiere gestito da OMISSIS. OMISSIS OMISSIS OMISSIS, la parola più frequente nella storia recente del nostro paese. Perché è di questo che stiamo parlando. Tutto è dannatamente reale in questo contesto perché siamo nostro malgrado comparse di questo grande romanzo :
Ultras, Calciatori, Manifestanti, Operai, Disoccupati, Sindacalisti, Politici, Militanti, Poliziotti, Dirigenti, Carabinieri, Studenti, Camorristi, Secondini, Rivoluzionari, Puttane, Tossici, Chiattilli, Pestoni, Giocatori, Viaggiatori, Fascisti, Finanzieri, Attori, Camerieri, Tecnici, Buttafuori, Cantanti, Tifosi, Falchi, Sottoproletari, Corrieri, Controllori, Infermieri, Medici, Anarchici, Cani, Sbandati, Contadini, Bagnanti, Gatti, Pescatori, Insegnanti, Automobilisti, Bancari, Ambulanti, Topi, Raver, Negozianti, Baristi, Preti, Garagisti. Scugnizzi, Carcerati, Giornalisti. (p. 504 – contenuti extra).

E’ dannatamente bello quando da questa moltitudine esce qualcuno che tiene voglia 'e parlà.

martedì, settembre 16, 2008

Amore Scalcinato

Vi presento il testo di una canzone che avevo scritto per la scorsa edizione dello Zecchino d'oro. Purtroppo le maglie della censura e la forte opposizione del Mago Zurlì non hanno concesso al piccolo Tino Marangò di presentare il brano dal vivo, privandolo tra l'altro di una vittoria sicura. Vani sono stati i tentativi di smussare i toni del testo mutando persino il titolo in "Canzone per un'amica". Per la cronaca il piccolo Tino si è poi classificato ottavo e la vittoria è andata a Jennifer Castriota con "Il granchio michele chele chele". Ed ora ecco a voi "Amore Scalcinato":

Sei finita sotto un autoarticolato rimorchiato
Le tue ossa spappolate dalle ruote cingolate
poi l'autista ha inchiodato proprio sopra il tuo bel viso
Solo ora che sei a pezzi mi concedi il tuo sorriso

Mentre il vigile minaccia di gettare la tua faccia
Io raccolgo i tuoi resti perché il tram non li calpesti
Metto tutto in una borsa e poi rubo un'ambulanza
La madama è alle mie spalle e m'insegue in questa danza

Sette dita in una borsa
Perdo sangue dalla tasca
Ho la pula che mi segue
E il tuo orecchio sul mio piede
Darei un occhio della testa per portarti a quella festa
Ballerei col il secchiello
Che contiene il tuo cervello

Questa è la danza dell'amore scalcinato
Il mio cuore nudo pulsa per un corpo spappolato
Ho il solo desiderio di morir fra le tue braccia
Ma per sbaglio le ho incollate al posto della faccia

La sirena taglia l'aria mentre spara la mitraglia
L'ambulanza va a manetta travolgendo una vecchietta
Poi sognando vedo Dio apparire da un vialone
Sbando sterzo e faccio strike contro una processione

In un fosso mi cappotto coi tuoi resti sul cruscotto
Le mie ossa in uno shaker bianco e con la croce rossa
Sono uniti i nostri corpi in un cockatil senza scampo
E' una coincidenza buffa finir dentro un camposanto

Sette dita in una borsa
Perdo sangue dalla tasca
Ho la pula che mi segue
E il tuo orecchio sul mio piede
Darei un occhio della testa per portarti a quella festa
Ballerei col il secchiello
Che contiene il tuo cervello

Questa è la danza dell'amore scalcinato
Il mio cuore nudo pulsa per un corpo spappolato
Desideravo solo di morir tra le tue braccia
Ma le mie mani son finite proprio dentro la tua faccia

venerdì, settembre 05, 2008

incipit per un b-movie post-atomico


Accadde così che nel 2008 come in preda ad un virus i Giovani di Pescara iniziarono ad ingerire alcohol come mai era accaduto prima. Lo shock per i genitori fù irreversibile. Mai avrebbero immaginato che i loro rampolli potessero essere contagiati da questo terribile morbo. La disperazione fece attaccare alla bottiglia anche loro. Le strade erano ormai invase da eserciti di invasati rincoglioniti che spaccavano gli specchietti delle macchine usandoli per tirare coca. Le risse e gli schiamazzi notturni sconvolgevano il sonno dei poveri residenti ancora sobri che iniziarono a tempestare di telefonate le amministrazioni per le quali avevano votato. La prima mossa da parte dei comuni fù la distribuzione gratuita di armi da fuoco a coloro che erano in grado di superare l’alcohol-test. Questo non bastò a calmare le acque.
I media, i sociologi, gli esperti della retorica si davano da fare per cercare una spiegazione logica. Come era possibile che ragazzi che in casa non bevevano neanche un goccio di vino durante i pasti si fossero trasformati in bestie assetate di sesso e violenza. Avevano fatto tutto per loro, provato a dargli un’educazione ed una prospettiva di lavoro ma poi avevano rinunciato davanti all’impossibilità effettiva.
L’unica spiegazione possibile poteva rinvenirsi in un infezione venuta dall’esterno. Fare 2+2 fu abbastanza semplice. Tutto era lampante, ancora loro, gli immigrati. Creature che si muovevano nel buio della notte cercando di traviare giovani esistenze ancora pronte a fare i conti con la realtà. Loro che vivevano nella sporcizia, annidandosi nei corsi d’acqua dove scorrevano i veleni che dalle fabbriche si riversavano nel fiume, nei cunicoli ricavati nei cavalcavia o nelle inesplorate lande che circondavano la periferia della città.
"Beh, ma non è possibile dare tutta la colpa agli immigrati" - tuonava qualcuno – "Strana gente la si vede anche dove c’è musica, soprattutto quando c’è il rock’n’roll".
Venne così convocata una riunione d’urgenza con sindaco e prefetto nell’ufficio dell’assessorato alla semplificazione. Così titolò "il Centro – quotidiano d’Abruzzo" il giorno successivo:
Mamma e papà torneranno a dormire tranquilli
PUGNO DI FERRO CONTRO LO SBALLO
Misure eccezionali a difesa dei giovani
…non andò esattamente così…