martedì, novembre 29, 2005

leggerezza

Me la godo. Tanto leggero da essere pazzo. Svegliarsi alle 8 per vedere Virus di Bruno Mattei.
Stare l'intera mattinata ad ascoltare la discografia dei Sigur Ros che reclamava la mia attenzione.
E' la totale assenza di gravità. Leggero come un foglio di carta rilasciato dalla segreteria.
Mi tuffo in installazioni comunali e incontro coristi allarmisti.
takk.

Il presepe post-moderno di mio nonno

Da piccolo credevo che mio nonno fosse una specie di scienziato. Nella mia mente da bambino in espadrillas lui rappresentava il punto di congiunzione tra McGyver e Doc di Ritorno al futuro. Allora come oggi era sempre indaffarato nel suo garage a costruire tutto dal nulla. Il punto di massimo genio però lo ha sempre raggiunto nella preparazione del presepe. Quella del presepe è un'arte meticolosa, è lui vi ha sempre prestato la massima attenzione. Tutto iniziava con la spedizione domenicale in montagna per raccogliere il muschio, poi seguivano le illuminazioni, le case in legno fatte da lui, il lago ed il ponte in ferro realizzato a mano. Infine giungevo io a sovvertire la rigida gerarchia nel posizionamento delle statuette, utilizzandoli come figuranti nelle battaglie dei G.I.JOE, e lui che pazientemente riordinava tutto.
Lo scorso Natale il colpo di genio, lo shock. Un segno di rinnovamento forte che si distacca dalla tradizione dei presepi classici e si porta avanti rispetto a tutte le avanguardie. Le pecore ed i pastori ormai decimati vengono integrati con la pesante dote delle generazioni presenti. Scatole di action-figures passate in rivista per trovare quelle più funzionali, un gesù bambino in incredibile espansione che sovrasta Maria Giuseppe Bue ed Asinello. Non mi è rimasto che fotografare l'opera. Resta da vedere cosa accadrà questo Natale. Magari potri decidere di mettere a disposizione la mia preziosa collezione di He-Men and the MasterOfTheUniverse...oppure sbalordire ancora una volta.

sabato, novembre 26, 2005

A pezzi

Che strana sensazione. Dopo aver discusso la tesi è iniziata ad evaporare del mio corpo la stanchezza. Un processo di ebollizione impressionante. Una cazzo di giornata pienamente soddisfacente. Sono crollato sul letto alle 3 passate, quando le gambe non mi sorreggevano più. L'abatjour accesa e l'inquietante Texas di Lansdale spiaccicato sul viso.
Mi vibra ancora in testa la canzone sentita in macchina nel percorso che mi ha portato all'università:
Don't let me down, don't let me down.
Don't let me down, don't let me down.
Nobody ever loved me like she does,oo, she does, yeh, she does.
And if somebody loved me like she do me,oo, she do me, yes, she does.
Don't let me down, don't let me down.
Don't let me down, don't let me down.
I'm in love for the first time. Don't you know it's gonna last.
It's a love that lasts forever, it's a love that had no past.
Don't let me down, don't let me down.
Don't let me down, don't let me down.
And from the first time that she really done me,
oo, she done me, she done me good.
I guess nobody ever really done me,oo, she done me, she done me good.
Don't let me down, don't let me down.
Don't let me down, don't let me down.
John Lennon & Paul McCartney

lunedì, novembre 21, 2005

The Descent


Vista da poco l'ultima pellicola dell'inglese Neil Marshall, film di chiusura della mostra del cinema di Venezia. The Descent si rivela uno degli horror più efficaci e crudeli dell'ultimo decennio ed è una dimostrazine ulteriore di come per il rinnovamento del genere si debba guardare oltre Hollywood. Si è infatti ben lontani dagli standard dei remake-reazionario-adolescenziali sfornati negli ultimi anni negli Stati Uniti. Il divario è segnato già nella scelta dei protagonisti: sei ragazze alla soglia della maturità che vedranno lacerarsi i loro rapporti (e le loro carni) man mano che il film procede. La trama è incentrata su una spedizione speleologica da tranquillo week-end di paura che si trasforma in una claustrofobica discesa verso il buio e la follia. Il film sembra allacciarsi a quella tradizione di horror-speleologico che proprio in Italia aveva avuto i suoi natali con titoli come "alien2 sulla terra", "spettri", e "le porte dell'inferno". Fortunatamente l'opera di Marshall ha una consistenza ed una riuscita migliore di queste citate perle del cinema-bis a basso costo. La discesa si snoda su due piani, quello dell'azione e quello della follia. Nel primo caso è da lodare l'utilizzo che il regista fa degli spazi, richiamando i corridoi del Nostromo di "Alien", film con il quale non poche sono le analogie. Marshall ci fa respirare polvere ed aria viziata, i nostri corpi si comprimono per passare tra le rocce e gli occhi devono abituarsi al buio ed alla luce artificiale di fuochi di segnalazione e torce elettriche. L'illuminazione ed il girato tendono decisamente al realismo anche nei momenti più gore e nel vero e proprio bagno di sangue, senza virgolettato, al quale si assisterà (grazie anche alla centellinazione degli effetti digitali a favore di un più efficace artigianato). Nelle scene di combattimento la camera diventa frenetica e subito si pensa al connazionale "28 giorni dopo" ed ai tarantolati dell' "Alba dei morti viventi". La follia si insinua a poco a poco nelle ragazze creando divisioni e legami dovuti alla tensione per la situazione estrema ed a traumi subito svelati. La discesa verso la pazzia emerge negli occhi di una delle protagoniste facendola precipitare in un abisso simile a quello del Nicholson/Torrance di Shining. Nonostante la valanga di citazioni non aspettatevi una fiera del già visto, il film mantiene originalità e carattere per tutta la durata ed ha un ottimo finale/i per nulla happy.
Non si tratta certo di un film perfetto nè di un capolavoro, ma di un ottimo film di genere sicuramente si.

domenica, novembre 20, 2005

Aria di neve

Il gelo inizia a filtrare nelle narici, da oggi si respira aria di neve. E' un freddo incredibilmente vivo e tagliente. Le dita congelano mentre scrivo queste righe.
Il semplice raffreddore lascia spazio all'assideramento. Maledetto me e quando ho infilato nello stereo la raccolta di Endrigo.
Sopra le nuvole c’è il sereno
Ma il nostro amore
Non appartiene al cielo
Noi siamo qui
Tra le cose di tutti i giorni
Di giorni e giorni grigi
Aria di neve sul tuo viso
Le mie parole
Sono parole amare
Senza motivo
Prima o poi tra le nostre mani
Più niente resterà
È una vita impossibile
Questa vita insieme a te
Tu non ridi non piangi
Non parli più
E non sai dirmi perché
Lungo la strada del nostro amore
Ho già inventato
Mille parole nuove
Per i tuoi occhi
Più di mille canzoni nuove
Che tu non canti mai
Sergio Endrigo (1962)

venerdì, novembre 18, 2005

goticoAmare

La spiaggia libera al tramonto esprime un sentimento vacanziero sincero ed ostinato, al limite della disperazione. Un limbo in cui gli ultimi coraggiosi chiudono i loro ombrelloni sottraendo per ora dalla mia visuale quegli abbinamenti di colori che sanno di marcio ed ai quali neanche l’ombra ha il coraggio di offrirsi.
Da queste parti vedere qualcuno che si impiastra di protezione solare è un miraggio, davanti a me una distesa di turisti cotti al sangue, il pensiero che tra di loro possa esserci qualche fiorentino stuzzica il mio appetito. Una madre obesa ed ustionata scrosta residui di pasta al forno dalla padella sciacquandola nell’acqua del mare ed un randagio col pelo più incrostato della padella fa planare la lingua sugli ultimi brandelli di quei rigatoni così simili a cenere che ora galleggiano mollicci a riva.
Dei senegalesi che da ore giocano a calcio senza sosta decidono che è arrivato il momento di tornare a casa per fare la conta degli spiccioli, tutti e sei si infagottano di pile di successi dance resi roventi dal sole, occhiali, bracciali e costumi fiorati ed acrilici che già avranno irritato l’inguine di qualche sventurato ragioniere che aveva pensato di sfruttare la pausa pranzo andando al mare. L’ultima ad andare via è una vecchia cariatide in topless, orfana dei sei fustacchioni d’ebano ai quali ammiccare gingillandosi i capezzoli.
Siamo soli ora. Io e la Mia spiaggia.
La pelle d’oca mi assale la gamba destra fino al ginocchio, formiche cercano di scalarmi partendo dai piedi e zigzagando tra i peli, le scaccio via e l’occhio segue il loro percorso che da alcune erbacce spontanee che partono da un muretto posto tra la spiaggia e la strada le porta per un tratturo di mozziconi, tappi e cartacce fino alle mie estremità inferiori. Avevo anche provato con una delibera a far spianare quell’inutile sterpaglia: "sono dune" disse il TAR "gli ultimi esempi di macchia mediterranea nella nostra regione". Affanculo!

Mi alzo in piedi camminando verso la riva. Un braccio! Un piede! Parti di viso!......corro!!!
Con l’acqua alle ginocchia rimango fisso e tremante a guardare quel corpo che la corrente ha portato sulla Mia spiaggia.

Dev’essere stata un incanto fino a ieri. Nonostante i tratti del viso siano alterati dall’acqua che ha in corpo ed un lieve accenno di decomposizione faccia in modo che il colorito della sua pelle tenda al BLU, capisco che la sua identità rimarrà ad ammuffire tra le carte di qualche ufficio anagrafico dall’altra parte dell’adriatico.
Le carezzo la guancia ed una lacrima si stacca dolente dal mio occhio. Avrei voluto conoscerla. Le avrei dato tutto: via questi cenci che ha addosso, altro che vita in una stamberga, le avrei regalato una pelliccia di leone con l’innesto di una tigre(P.C.).
Sollevo il suo corpo pesante dal mare e penso che in vita debba essere stata leggera. Se l’avessi tenuta in braccio mi sarei sentito forte come quando da bambino facevo il bagno con la mia amica Clara sollevandola e trasportandola in acqua, credendo di avere chissà quale forza e conoscendo molto poco le leggi della fisica.
La adagio sulla sabbia ed i capelli le si spandono come un tappeto, così lunghi che la mia gelosia sarebbe stata quietata dalla sicurezza che nessuno avrebbe potuto guardarle il fondoschiena coperto com’era da quella cascata di pudore ed eleganza sfibrata.
Da illuso cerco di sentire se il cuore le batte ancora : NO!

Non ragiono più, come se l’amassi da una vita le do un bacio e continuerei se i miei occhi non incrociassero….delle dita! Una mano! UN UOMO!
…Alzo lo sguardo e capisco, vedo e sudo…
Alcune decine di corpi galleggiano tra me e gli scogli.
Dio cane! Sarà la terza barca in un mese, le altre due si sono salvate per miracolo ma a questi è andata male ed ora sono qui, morti nel Mio mare.
Non posso permettermelo, i patti con albergatori ristoratori balneatori e speculatori erano chiari, mi hanno fatto eleggere per portare questo lido allo splendore di vent’anni fa, sarebbe una catastrofe, la morte di questo paese. Nessuno verrebbe in vacanza con l’attrattiva di un cimitero ondeggiante, e pensare che il mio slogan elettorale recitava: “Un mare di novità”. Sai che novità 40stronzi galleggianti.
Ho bisogno di pensare….sarà almeno un ora che in spiaggia non c’è più nessuno.
Lo devo fare per la mia gente e poi ho persone fidate che mi aiuteranno, capiranno, nessuno saprà nulla.
Prendo il cellulare , le gocce di sudore cadono sulle dita tremanti che freneticamente compongono il numero…squilla…"Commissario Montanari...ci sono delle pulizie da fare".

giovedì, novembre 17, 2005

Atto I