lunedì, dicembre 19, 2005

A history of violence

L'ultimo film di Cronenberg è stata l'occasione per sperimentare la nuova multisala di Villa Raspa (in via Federico Fellini, sic!). Il gelo da neve che fino a quel momento ci aveva riempito le narici lascia spazio al tanfo dolciastro dei pop-corn. L'ambiente è sterile e desertico e gli avventori alla cassa sono pochi. Entriamo e la sala è vuota, poi Antonio Banderas ci augura buone feste, la nostra emozione però si placa quando scopriamo che in realtà la voce è quella del suo doppiatore italiano Luca Ward (e io che ci avevo sperato). I momenti che precedono i film al cinema sono gli unici nei quali presto attenzione agli spot pubblicitari, una forma di coercizione alla quale non ci si pò sottrarre, mi chiedo però perchè abbiano eliminato del tutto i trailer dei film di prossima uscita a favore della pubblicità delle automobili, misteri del marketing. Sui titoli di testa la sala si va popolando, il piano-sequenza iniziale è accompagnato da un tappeto sonoro di bottiglie che si stappano, pacchetti di patatine aperti e da mani che frugano nel maxi cestone di pop-corn. I rumori accompagnano tutto il film e gli si addicono poco. I due ragazzi dietro di me sono voraci e li sento divorare i loro cibacci grassi, nelle scene di massima tensione posso distinguere chiaramente il suono del pop-corn molle e masticato che viene lavorato e biascicato dalla lingua. I due tipi ruminano come vecchi con la dentiera e sghignazzano. Nel film la tensione cresce e i rumori si fanno più rarefatti, i viveri sono terminati. INTERVALLO. L'intervallo non c'entra un' emerita sega in un film che dura appena 90 minuti, che utilità avrà spezzare la visione con musiche natalizie? Mi viene però in mente quello che ho letto la mattina in un articolo di cronaca locale: il maggior guadagno delle multisale è proprio nella vendita dei popcorn, in percentuale molto più alto rispetto a quello che si ottiene sul prezzo del biglietto. Dice bene il mio amico Gianni: "il film è proiettato solo per fare da traino ai popcorn". Il film riprende e ha subito un ritmo diverso. Anche le mandibole dietro di me masticano più velocemente. Cazzo, i due hanno approfittato dell'intervallo per rifornirsi. La mano rimesta con foga nel cestello di carta, eccitata dalla visione del sangue nella pellicola. Non credo di poter resistere ancora per molto. Sento nel mio orecchio la sua lingua salata che schiaffeggia il palato. Il cestino è sempre più vuoto e la sua mano ci balla dentro come una palla in un flipper di burro alla ricerca delle ultime molliche di mais. Sembra che lo faccia di proposito, vuole alterare i miei nervi. La mia mano lascia quella di Lei e scivola sul jeans. Le dita sollevano lentamente la piega del pantalone e si infilano nel calzino stretto tra gli anfibi. Sfioro con i polpastrelli la piccola cintura in cuoio che fa da sostegno alla fondina. Sollevo il bottone che funge da sicura e sfilo via il manico con le dita. Stringo il coltello tra le mani e sono pronto a sfuriare il fendente sulla sua gola. Fingo di mettermi comodo ottenendo un'agevole via attraverso cui far scorrere la lama. Cronch..cronch... ribatte lui con le labbra arrossate dal sale. Lo voglio colpire sotto la gola e poi aprire uno squarcio che faccia colare il suo sangue nel cestello insaporendo i popcorn. Gli concedo di gustare l'ultimo pugno del suo amato snack. Lui ciancica qualcosa nell'orecchio dell'amico sputandogli pezzettini masticati sul lobo. Sono pronto a colpire. Sullo schermo Viggo Mortensen ha uno scatto energico e fa un massacro, è il momento giusto. Sistemo il braccio per non sbagliare ma il tipo esclama verso Mortensen: "Ma chi cazz' ha divindat', Charles Bronson!". Lo guardo negli occhi e scoppio a ridere. Il film a prima vista ha pochi elementi del cinema di Cronenberg. Nessun tumore putrescente, niente bioporte. Non è più il corpo a mutare ma l'identità. La storia è "genere" allo stato puro nell'accezione più fumettistica del termine. Credo che messi dentro la sala senza alcuna notizia in pochi avrebbero attribuito il film a Cronenberg, anche se alcune atmosfere spoglie e scarnificate fanno venire in mente "Spider". Il procedere della trama è molto lineare e preciso, verrebbè quasi da parlare di un film classico, talmente classico da far pensare ad un western. Ci sono molti dei luoghi comuni del cinema americano, dalle scorribande dei bulletti nelle scuole allo sceriffo grassoccio e remissivo. L'occhio però è malato e disturbante, il sangue scorre sul serio e i colpi di pistola si fanno sentire, le scene di sesso lontane mille miglia dalla patina glamouristica di Hollywood. Chi si aspetta di vedere un film alla David Cronenberg probabilmente rimarra un tantino deluso, a meno che non decida (come si dovrebbe fare in ogni caso) di abbandonare l'ottica dell'esperto e lasciarsi trasportare dal racconto, un buon racconto noir, con una grande atmosfera e girato da un grande regista. Il corpo ha sempre tempo per marcire.